La canzone è figlia del nostro periodo "maledetto" (che tra l'altro non è finito), tuttavia tra le righe si nota un certo distacco, o meglio dire, autocritica, insomma una presa di coscienza indotta da fatti e circostanze che ci hanno imposto una serie di considerazioni che nel tempo abbiamo più o meno sviluppato, senza peraltro arrivare ad una risposta definitiva.
Tutto nacque da un mio incontro con un vecchio nativoamericano, una sera d’ottobre di anni fa, nella quale mi fermai a una stazione di servizio sulla Via Padana Superiore per il rifornimento. Oltre a me e a questo c’erano due prostitute bionde che parlavano al cellulare e che non mi degnarono di un solo sguardo.
Nonostante fosse molto in la’ con gli anni, il vecchio aveva capelli lunghi e neri, non indossava particolari monili se non un braccialetto in pelle e un orecchino. Lo vidi piuttosto spaventato e agitato, mi disse che era in fuga, doveva liberarsi di tutto (non sodi che cosa perché in effetti non aveva niente con se) e fuggire verso Ovest dove la sua gente lo stava aspettando e mi chiese un passaggio.
Certo non potevo portarlo dove avrebbe voluto ma in compenso gli evitai un bel pezzo di strada a piedi portandolo fino alla stazione dei treni a Peschiera; quando le nostre strade si divisero, gli diedi in segno di stima, rispetto e amicizia una bottiglietta mignon di Averna che portavo con me e i soldi per il biglietto per Milano.Dal canto suo, mi salutò dandomi in mano un mazzo di chiavi e chiedendomi:
"Is this the life you want?".
Queste parole riecheggiarono in me tutta la serata: cosa aveva voluto dirmi? Cosa sapeva? Aveva voluto mettermi in guardia da qualcosa o era solamente un vecchio pazzo? O ero io il pazzo che gli avevo dato un passaggio e dato ascolto? Ne parlai con W.Axl e ne rimase colpito; confidavo nella sua comprensione ed empatia in quanto lo vidi visibilmente alterato, ma non offuscato, da una svariata quantità e qualità di sostanze e quindi pronto a recepire e percepire eventi fuori dall’ordinario.
La mattina dopo dimenticai tutto e con esso pure le chiavi donatemi dal vecchio nella tasca del giubbino..
Quando, mesi dopo, lo ritirai fuori dall’armadio, mi accorsi delle chiavi; erano due: una piccola e l’altra un più grande,tenute insieme da un portachiavi di cuoio con inciso a fuoco “Steel Horse” e l’indirizzo di una via; d’un tratto mi ricordai del vecchio, delle sue parole e di quanto avevo pensato quella sera.
Mi recai la mattina stessa, senza troppe speranze ma nonostante questo incuriosito e spinto dai ricordi e dalle riflessioni che riaffioravano, nella via della mia città corrispondente all’indirizzo inciso e qui mi trovai , in una via lunga e stretta del centro città, di fronte a una palazzina signorile con un portone in legno. Provai ad aprire con la chiave più piccola, la serratura scattò e dovetti fare un po’ di fatica per aprire il pesante portone ed entrare in un cortiletto avvolto in una strana e densa nebbia primaverile. Dalla foschia vidi qualcosa luccicare, mi avvicinai a quello strano oggetto, che rifletteva i pochi raggi del sole che trafiggevano il vapore e mi accorsi della possibilità di inserire l’altra chiave in una fessura presente nella parte superiore: immediatamente dopo aver girato la chiave e premuto un pulsante rosso, un rombo assordante fece tremare tutti i muri circostanti…..
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